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Gian Tommaso Scarascia Mugnozza
Strampelli cent’anni dopo
Da “Agricolture” LVI Luglio-Agosto 2000

Non c'è storia del miglioramento genetico vegetale in Italia, scritta da italiani o da stranieri, che non attribuisca al Sen. Nazareno Strampelli il ruolo di massimo protagonista, superiore ad ogni altro italiano. Tutti gli hanno riconosciuto che fu capace di ottene-re nella prima metà del secolo XX un eccezionale progresso della pro-duzione cerealicola italiana.
L'imponente serie di varietà elette selezionate da Strampelli consentì allora all'Italia di raggiungere 1' autosufficienza granaria, passando da una produzione media annua, nel quadriennio 1910-13, di 49 milioni di quintali (media per ettaro: 10,4 q) ai 70 milioni per anno, con una media unitaria di 14,2 q, nel qua-driennio 1930-33.
Ma le varietà di Strampelli, come sottolineato da Vavilov, si diffusero anche in altri continenti, dall'Europa all'America meridionale alla Cina e sono state impiegate come materiale parentale in molti programmi di incrocio; tal-ché ancor oggi è possibile ritrovare varietà di Strampelli nella genealo-gia di molti dei grani coltivati nel mondo.
Strampelli raggiunse questi traguardi grazie ad un programma, credo il maggiore per quei tempi, da lui con lungimiranza e chiarez-za di idee impostato sia nelle metodologie tecnico-scientifiche che negli obiettivi produttivi ed economici, ed attuato con un pro-gressivo ma calibrato crescendo dei coadiutori, dei mezzi, degli interventi e delle dimensioni.
Le novità apportate
I principali elementi innovativi del modello Strampelli furono: gli incroci tra varietà anche genetica-mente "distanti" di frumento; l'i-bridazione con specie - anche sel-vatiche - della famiglia delle Triti-cinae; l'altissimo numero (circa milleduecento) di combinazioni di incrocio e di reincrocio; la sele-zione di oltre ottocentomila tipi per numerosi caratteri morfologi-ci, fisiologici ed agronomici, con-nessi alla produttività, all'adattamento, alla resistenza a cause avverse, alla qualità ecc.; la maglia di campi sperimentali e la, rete di stazioni fitotecniche in numerose aree agroecologiche dell'Italia. peninsulare e insulare, il controllo della produzione delle sementi selezionate e la organiz-zazione e promozione delle strut-ture di moltiplicazione, certifica-zione e distribuzione delle semen-ti, ecc. E non meno determinanti sono stati il senso di squadra, l'en-tusiasmo, la coesione, lo spirito di servizio che il suo esempio - seve-ro ma benevolo - infondeva nei suoi collaboratori, come da alcuni di questi testimoniato.
Era perciò doveroso per gli italia-ni epigoni di Strampelli far con-statare alla comunità internaziona-le dei genetisti agrari non soltanto il lavoro ed i risultati di Strampel-li, ma anche le indiscutibili somi-glianze, p.e. anche nel ricorso a grani giapponesi senza pregi quali-quantitativi, tra i programmi di Strampelli e le strategie di quel-la straordinaria manovra, detta "rivoluzione verde", da N.E. Bor-laugh negli anni Cinquanta e Ses-santa perseguita tenacemente, nella Rockefeller Foundation e poi nel Cimmyt, per il miglioramento genetico del frumento tenero e di altri cereali.
Non so se Borlaugh, patologo vegetale di formazione, conosces-se l'opera di Strampelli.
Certo è che sebbene a distanza di decenni (periodi che nel susse-guirsi delle scoperte e delle appli-cazioni della genetica nel breve corso di solo un secolo - costitui-scono vere fasi epocali) ambedue hanno saputo concepire progetti maestosi, pilotandoli con volontà, carattere e carisma. E tutti e due hanno sostanzialmente raggiunto lo scopo, seppur operando in dif-ferenti condizioni d'ambiente sociale, culturale, economico; con problemi più circoscritti a livello nazionale nel caso di Strampelli. ed invece in dimensioni ormai internazionali per Borlaugh. Infat-ti. Strampelli ha dato il maggior contributo all’autosufficienza di una derrata – il grano - fondamen-tale per un popolo mediterraneo; mentre Borlaugh ha dimostrato la possibilità di rompere il nodo per-verso della fame di tante popola-zioni di regioni economicamente arretrate, conseguendo reali incrementi delle produzioni di cereali, essenziali per l'alimentazione umana.
La figura storica
A un secolo di distanza dall'avvio di un rilevante processo di trasferimen-to dei risultati della ricerca e della sperimentazione alle imprese del sistema agroalimentare (aziende agricole, società sementiere, indu-strie alimentari) anche con colossali ricadute sul piano economico e sociale, sarebbe istruttivo, con riferi-mento all'odierna realtà del nostro Paese, esaminare questo caso esem-plare di rapporto tra il binomio scienza-tecnologia e le politiche della scienza e dell'innovazione.
Non è certo questo il luogo di una simile indagine. molto complessa per diversi aspetti tra i quali: l’indispensabilità della conoscenza scientifica e dell’innovazione tecnologica per il progresso produttivo ed econo-mico, l’imprescindibilità della for-mazione e della qualificazione di ricercatori e tecnici, le difficoltà della scelta delle priorità, l'istituzio-ne ed il mantenimento di centri e parchi scientifici, la collaborazione
pubblico-privato, l'entità e conti-nuità dei finanziamenti e la valuta-zione dei risultati, la necessità di un'informazione corretta e non frammentaria e caotica, il rapporto della scienza con l'opinione pubbli-ca e con il consumatore, la sicurezza d'uso delle innovazioni, la congiun-zione tra scienza e società, i rischi di sfruttamento delle innovazioni e della strumentalizzazione da parte di assetti industriali e di soggetti politi-ci, ecc.
In questa sede però, ritengo alme-no di dover rilevare 1' improprietà della qualificazione del lavoro di Strampelli come frutto dovuto a scelte della politica allora domi-nante, come può apparire dalla definizione "battaglia del grano", consona allo stile dell'epoca e che fu lanciata nel 1925.
In realtà, il lavoro di Strampelli si avvia, si sviluppa ed ottiene risulta-ti fondamentali nei primi venti, venticinque anni del secolo. Queste sono infatti le tappe: 1900: i primi incroci "Noè x Ríeti" eseguiti da Strampelli all'Università di Came-rino; 1902: Cattedra sperimentale di granicoltura (del Ministero Agri-coltura) a Rieti; 1907: trasforma-zione, per legge del Parlamento, in Regia Stazione sperimentale di Granicoltura; 1914: rilascio della prima varietà "Carlotta Strampelli"; 1919: fondazione (legge 9.6.1919) dell'Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura; 1923: "Mostra dell'Agricoltura, dell'In-dustria e dell'Arte applicata" a Roma, in cui Strampelli presenta 35 nuove varietà di frumento tenero e alcune di duro. La successiva emis-sione a getto continuo di nuove varietà, anche se talvolta denomina-te secondo le tendenze di quel periodo (nel 1939 il Registro nazio-nale delle varietà elette elencava 50 varietà di frumento, 32 delle quali di Strampelli), è la conseguenza dei piani precedentemente approntati con lungimiranza nell'interesse del Paese e del popolo italiano.
Un'ultima considerazione. Sarebbe miope giudicare Strampelli unica-mente come promotore di attività di livello tecnico e organizzativo, anche se ottime e tanto positive nei risultati, ma ormai soltanto di valore documentario per la storia della genetica e della agricoltura italiana della prima metà del Novecento.
L’eredità
Di Strampelli va ricordata e consi-derata con rispetto la decisione di rinunciare ad una produzione scientifica. nonostante la priorità di quei suoi studi di genetica vege-tale brillantemente condotti quasi contemporaneamente alla riscoperta delle leggi di Mendel. La preparazione di note e memorie, come Egli ha scritto nel 1932 nel volume "Origini, sviluppi, lavori e risultati" in cui riassume l'attività personale e delle istituzioni da lui fondate e dirette, gli avrebbe sot-tratto tempo e impegno poiché intendeva suo "compito prevalente e preciso (...) di perseguire e rag-giungere finalità e risultati pratici della più immediata utilità per il mio Paese", tanto che nel 1932 con giusto orgoglio definì, i suoi grani "le mie pubblicazioni. quelle a cui tengo veramente".
Eppure, nei programmi di lavoro e di promozione svolti da Strampel-li, ci sono le condizioni di base, teoriche e pratiche, per linee di studio, di ricerca e di sperimentazione sviluppatesi anche nella seconda metà del secolo.
Infatti le sue iniziative possono essere considerate la premessa a filoni di studio, nella seconda metà del secolo, quali: l'esigenza del più ampio ricorso alla variabilità geneti-ca - e quindi della sua raccolta, con-servazione e salvaguardia - per il miglioramento delle piante agrarie; la necessità anche di studi di genetica quantitativa, cui vi è cenno - ipotiz-zando anche l' azione di geni polimeri - in una nota pubblicata dall'Accade-mia dei Lincei nel 1907; gli studi di biologia fiorale e delle strutture ripro-duttive per la precisione ed il succes-so degli incroci; i rapporti di collabo-razione scientifica internazionale che, nonostante l'impostazione autarchica del tempo, Strampelli mantenne con Paesi europei, mediterranei e sud-americani; le indagini ed i controlli delle qualità tecnologiche e nutrizio-nali; la valutazione rigorosa e plurilo-calizzata delle caratteristiche agrono-miche e merceologiche del materiale in selezione; la solerte premura nel collegamento tra ricerca e industria sementiera; l'azione autorevole ener-gica e tenace di suscitatore e organiz-zatore di centri di ricerca.
Agli albori del XXI secolo, tempo che sarà contrassegnato da grandi apporti della biologia, e perciò anche della biologia vegetale e della genetica applicata alle piante agrarie e delle conseguenti innovazioni biotecnolo-giche, è stato giusto e opportuno richiamarsi all'esempio di Strampelli qui a Rieti. Ricordando altre due manifestazioni reatine nel nome di Strampelli: la prima conferenza inter-nazionale di genetica vegetale, la prima per l'Italia del dopoguerra, organizzata da Carlo Jucci cin-quant'armi ta (maggio-Viu;no 1950); e la rifondazione, per opera di France-sco D'Amato, della Società di Geneti-ca Agraria, avvenuta nel 1963 a Rieti. dove è germinato il primo seme della genetica agraria italiana.


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